Francesco Pacifico
Va in scena il Camp
Rolling Stone, Luglio 2008
Va in scena il Camp
Rolling Stone, Luglio 2008
Il miglior modo di nascondere una cosa è metterla in mostra. Bellissima frase the non si sa mai quando usare. Per i sodomiti della Londra tardovittoriana, invece, era uno stile di vita. Gruppo eterogeneo di poveri, ricchi, nobili, amanti delle cose belle e dell'inversione, in una società the aveva inventato da pochi decenni ii concetto di omosessualità per misurarli e ghettizzarli, si trovarono in questa curiosa posizione: non potevano negare di essere molto distanti dal noioso modello britannico di virilità, ma nemmeno ammettere cos'erano. Di fronte ai bisogni contraddittori e ugualmente imprescindibili di segretezza ed espressione, la soluzione era agghindarsi, fare scena, spiazzare per sfuggire alle definizioni. Un garofano verde all'occhiello, una vistosa pelliccia, andarsene in giro a sparare aforismi. Per questo genere di comportamenti cominciò a utilizzarsi la parola camp, the più o meno voleva dire "mettersi sulla scena, esibirsi". Da allora la parola ha facto moltissima strada ed e stata di volta in volta sinonimo di gay, travestitismo, pop (quando esplose come fenomeno negli anni 60 e tutti cominciarono a parlarne).
Per documentare la fortuna e il peso culturale di questa parola sfuggente che ha contagiato cultura e controcultura, PopCamp accumula eroicamente contributi eterogenei dal presente e dal passato. Un senso di abbondanza dovuto alto spirito collezionista dei suoi teorici e interpreti, impegnati in elenchi di cosa è camp e cosa no, e di cosa è attivamente camp (la Marilyn di Warhol, i Soft Cell) e ciò che lo è involontariamente, passivamente (il boa di piume quando veniva considerato elegante, i film di King Kong, perfino i discorsi seriosi a retorici di DeGaulle), piu una lunga rilettura del passato in chiave camp: dai nobili nullafacenti di Versailles, costretti a travestirsi e giocare per nascondere, esibendola, la propria inutilità sociale, al barocco, con cui la chiesa di Roma cercava di sopravvivere all'austerità della riforma protestante contrapponendole un'abbondanza alla Phil Spector di segni e svolazzi ultracattolici. In generale, le tragedie mascherate da farse sfarzose. Oppure, come scrisse Isherwood negli anni 60, il metodo è: «Esprimere ciò che è serio in termini di umorismo, artificio, eleganza». Dipingersi le lacrime sul volto invece di piangere (i ritratti di Francesco Vezzoli). C'è chi dice the il camp nasce come esibizionismo, ma a forza di accumulare materiali bassi diventa una forma di tenerezza peril reale e per tutti i prodotti della cultura. Un modo per rifiutare i confini di alto e basso, come a fine Ottocento adunate di invertiti di ogni ceto volevano trovare una chiave per stare insieme oltre i confini sociocolturali, e la trovarono nell'eccesso. E in effetti si entra in questo libro come nelle feste in cui ci si può levare le scarpe, e si incontra di tutto. C'è Bette Davis/Elisabetta I, ci sono le povere voci bianche della chiesa che il Vaticano faceva castrare perchè cantas-
o al posto delle donne. C'è I'estetica dandy degli stakanovisti russi, la dolcezza robotica di Stelarc, il Blond Ambition Tour di Madonna, le avventure picaresche da Fratelli d'Italia di Arbasino. E ovviamente anche un flume di immagini, per invogliare il giovane dabbene a sfogliarne Ie pagine con aria languida su divani fondi come tombe (stando a quanto dice Baudelaire) (i Baustelle Sono camp?): GretaGarbo, Oscar Wilde impellicciato, Goldfinger, la pop spy-story The Man from CA.M.P., Russ Meyer, Flash Gordon, Theda Bara vestita da Cleopatra, Marcel Duchamp fotografato da Man Ray nei panni dell'alterego un po' GloriaSwanson di Arose Selavy. C'è Gloria Swanson in persona, le coreografie di Busby Berkeley, Wonder Woman, Mae West, II mago di Oz, Glenn or Glenda di Ed Wood, Brian Jones eel suo buffo gessato, David Bowie, Luigi Omani nudo e pluridotato...
Questo manuale di travestitismo può mettersi a disposizione del giovane straight angustiato della vita moderna e dalla continua richiesta dei suoi dati peronali, dalle banche fino a Facebook, un censimento in divenire che neanche a Betlemme nell'anno Zero, la civiltà trasparente dell'autocertificazione e delle telecamere a circuito chiuso. II camp, la maschera, come via d'uscita dal CCTV, come in V for Vendetta (V/Guy Fawkes era molto camp) e come in Banksy: nei suoi stencil i pohziotti vestono da donna, e su tutti vegliano alberi di telecamere.
Per documentare la fortuna e il peso culturale di questa parola sfuggente che ha contagiato cultura e controcultura, PopCamp accumula eroicamente contributi eterogenei dal presente e dal passato. Un senso di abbondanza dovuto alto spirito collezionista dei suoi teorici e interpreti, impegnati in elenchi di cosa è camp e cosa no, e di cosa è attivamente camp (la Marilyn di Warhol, i Soft Cell) e ciò che lo è involontariamente, passivamente (il boa di piume quando veniva considerato elegante, i film di King Kong, perfino i discorsi seriosi a retorici di DeGaulle), piu una lunga rilettura del passato in chiave camp: dai nobili nullafacenti di Versailles, costretti a travestirsi e giocare per nascondere, esibendola, la propria inutilità sociale, al barocco, con cui la chiesa di Roma cercava di sopravvivere all'austerità della riforma protestante contrapponendole un'abbondanza alla Phil Spector di segni e svolazzi ultracattolici. In generale, le tragedie mascherate da farse sfarzose. Oppure, come scrisse Isherwood negli anni 60, il metodo è: «Esprimere ciò che è serio in termini di umorismo, artificio, eleganza». Dipingersi le lacrime sul volto invece di piangere (i ritratti di Francesco Vezzoli). C'è chi dice the il camp nasce come esibizionismo, ma a forza di accumulare materiali bassi diventa una forma di tenerezza peril reale e per tutti i prodotti della cultura. Un modo per rifiutare i confini di alto e basso, come a fine Ottocento adunate di invertiti di ogni ceto volevano trovare una chiave per stare insieme oltre i confini sociocolturali, e la trovarono nell'eccesso. E in effetti si entra in questo libro come nelle feste in cui ci si può levare le scarpe, e si incontra di tutto. C'è Bette Davis/Elisabetta I, ci sono le povere voci bianche della chiesa che il Vaticano faceva castrare perchè cantas-
o al posto delle donne. C'è I'estetica dandy degli stakanovisti russi, la dolcezza robotica di Stelarc, il Blond Ambition Tour di Madonna, le avventure picaresche da Fratelli d'Italia di Arbasino. E ovviamente anche un flume di immagini, per invogliare il giovane dabbene a sfogliarne Ie pagine con aria languida su divani fondi come tombe (stando a quanto dice Baudelaire) (i Baustelle Sono camp?): GretaGarbo, Oscar Wilde impellicciato, Goldfinger, la pop spy-story The Man from CA.M.P., Russ Meyer, Flash Gordon, Theda Bara vestita da Cleopatra, Marcel Duchamp fotografato da Man Ray nei panni dell'alterego un po' GloriaSwanson di Arose Selavy. C'è Gloria Swanson in persona, le coreografie di Busby Berkeley, Wonder Woman, Mae West, II mago di Oz, Glenn or Glenda di Ed Wood, Brian Jones eel suo buffo gessato, David Bowie, Luigi Omani nudo e pluridotato...
Questo manuale di travestitismo può mettersi a disposizione del giovane straight angustiato della vita moderna e dalla continua richiesta dei suoi dati peronali, dalle banche fino a Facebook, un censimento in divenire che neanche a Betlemme nell'anno Zero, la civiltà trasparente dell'autocertificazione e delle telecamere a circuito chiuso. II camp, la maschera, come via d'uscita dal CCTV, come in V for Vendetta (V/Guy Fawkes era molto camp) e come in Banksy: nei suoi stencil i pohziotti vestono da donna, e su tutti vegliano alberi di telecamere.