Riga n. 27
Pop Camp
Martina Marchiorello
La realtà mascherata
Sei di Moda (seidimoda.repubblica.it), 22 Ottobre 2008

Arte, cinema, design, moda, musica... un saggio in due volumi ti spiega come l'onda Camp trasforma la realtà in veste ironica, scintillante, eccessiva.

Cos'hanno in comune Andy Warhol, Renato Zero, Pedro Almodovar e Roberto Cavalli? Se il gioco delle analogie non è mai stato il tuo forte, ti aiutiamo noi: l'amore per l'innaturale, l'artificio, l'eccesso. In poche parole una sensibilità Camp.
Se non conosci questa definizione e il tema ti incuriosisce ti consigliamo di leggere "PopCamp", l'ultimo uscito della collana Riga a cura di Fabio Cleto, una vera Bibbia sull'argomento.
Ma andiamo con ordine. L'etimologia della parola "Camp" è incerta: probabilmente deriva dal francese "se camper" o forse dall'italiano "campeggiare". Quale che sia la sua origine, si diffonde in Inghilterra nel tardo '800 a indicare una bizzarra commistione di ironia, allusività, effeminatezza e teatralità. Ma è l'articolo "Note sul 'Camp'" di Susan Sontag apparso sul "Partisan Review" nel dicembre 1964 a portarlo alle luci della ribalta, a parola d'uso quotidiano.
Inizialmente era riferito quasi esclusivamente al mondo gay, tanto che secondo il Dictionary of Slang and Uncommon English il termine "Camp" era sinonimo di "omosessuale". Quindi non c'è da stupirsi se ancora oggi sia, magari inconsciamente, riferito a quell'ambiente, che comunque ne rappresenta l'avanguardia e il pubblico più articolato.
"Il gusto Camp è molto più che gusto omosessuale" chiarisce Susan Sontag nel suo saggio, nonostante aggiunga che "la metafora della vita come teatro sia particolarmente adatta a rappresentare certi aspetti della situazione omosessuale".
Camp può definire un atteggiamento, un modo di vestire, un'opera d'arte, una musica. Hai in mente gli outfit pieni di broccati, trine e merletti  di Elton John? Camp!
Le mises scintillanti e ultra shining di Cher? Campissime! È l'effetto finale che conta.
Immagina quegli elementi (oggetti, situazioni, persone) che si descrivono "tanto brutti da essere belli". Ecco, il termine Camp li descrive in modo onnicomprensivo. Quasi fosse una terza corrente di gusto, né bello né brutto, ma Camp.
L'amore per le cose-che-sono-ciò-che-non-sono, questo è il tipico sentimento Camp, che trova la sua rappresentazione  ideale nell' Art Nouveau: lampade a forma di fiori, soggiorni travestiti da grotte, spille mascherate da libellule.   
Il gusto Camp mette in rilievo la superfice, lo stile, l'artificio. Nel panorama della moda un esempio su tutti sono le sfilate di John Galliano: spettacoli eccessivi e teatrali, in cui l'abito è un mezzo per evadere dal proprio mondo e costruire nuovi universi di senso complessi. La portabilità del capo è ininfluente, l'obbiettivo è lo show.
Il Camp si può trovare ovunque la realtà sia vissuta come un palcoscenico, ovunque le azioni quotidiane si travestano da performance.
La serietà è detronizzata e la teatralità ha il potere di ridurre il severo in frivolo.
Fissato bene il concetto? Ti aiutiamo con un piccolo elenco di esempi unanimamente Camp: Sleep, il fim di Andy Warhol, Marlene Dietrich, le lampade Tiffany, il gioco del monopoli, i boa di piume, gli stereoscopi, i fumetti di Batman, Barbara Streisand e i telefilm di Superman e Flash Gordon.
Concludiamo come Susan Sontag aveva cominciato: "Il Camp è una particolare forma di estetismo. È un modo di vedere il mondo, di guardare alle cose."
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