Mariolina Bertini
Ancora un po', signore
L’indice dei libri del mese, Gennaio 1994
Ancora un po', signore
L’indice dei libri del mese, Gennaio 1994
Il mondo dei personaggi di Perec, come ben sanno i lettori di La vita istruzioni per l’uso, è attraversato in ogni senso da flussi di passioni tenacissime, che perseguono oggetti inconsueti lungo itinerari vistosamente indiretti e inutilmente complicati. Sono itinerari che è impossibile seguire senza un continuo, alterno soprassalto di curiosità e meraviglia: la passione dei personaggi invade e contagia la sensibilità del lettore. Rinascono simultaneamente in lui tutti i desideri che accompagnavano, nell’infanzia, il primo ascolto di un racconto avvincente: l’ansia di precipitarsi verso l’imprevedibile scioglimento; l’avidità di infiniti particolari; l’impulso a mettere in scena la storia ascoltata per conferirle, mimandola, una realtà ripetibile e concreta.
Mi sembra che in qualche modo il lavoro critico che va sviluppandosi intorno all’opera di Perec spesso espliciti e realizzi questi desideri che sono, per i frequentatori di La vita istruzioni per l’uso, un patrimonio comune di silenziosa felicità. Ne trovo una conferma nell’ultimo numero della rivista “Riga”, intitolato Georges Perec e curato da Andrea Borsari.
Il primo, più elementare desiderio di ogni lettore immerso in un’opera qualsiasi di Perec, si può esprimere con la frase timidamente pronunciata da Oliver Twist davanti alla zuppiera fumante dell’orfanotrofio: “Ne vorrei ancora un po’ signore”. È un desiderio che i redattori di “Riga”, condividendolo, hanno sontuosamente esaudito: la sezione Scritti della rivista ci offre ben novanta pagine di Perec del tutto inedite in italiano. In posizione centrale troviamo un racconto del 1979, tradotto e chiosato da Gianni Celati: Il viaggio d’inverno. È una narrazione di gusto borgesiano, incentrata sulle accanite ricerche di uno studioso intorno a un misterioso poeta simbolista, la cui esistenza è forse un miraggio. Un miraggio attraverso il quale, tuttavia, lo humor di Perec scompiglia allegramente i luoghi comuni dell’erudizione letteraria e delle sue paludate ricerche. Se il Perec narratore è un folletto eversivo che approfitta della propria familiarità con tutti i linguaggi e i rituali dell’Alta Cultura per parodiarli con irresistibile leggerezza, il Perec sociologo sembra disporre, a onta del suo rigoroso laicismo, del dono soprannaturale della profezia. Come spiegare altrimenti la data “1967” in calce a La dittatura del whisky, che inchioda alla meritata gogna, con vent’anni di anticipo, l’espressione saputa di tutti i Michele centellinatori di Very Very Old Special Grandfather McPlouck Very Very Dark Label? Non meno brillante è il Perec protagonista di un’ampia serie di interviste e conferenze che lo vedono illustrare con infinita chiarezza e cortesia i principi della sua poetica e le tappe diverse del suo lavoro. Concludono questo bel numero monografico molti interventi critici e narrativi; si respira tra le pagine un’atmosfera affettuosa, che invoglia a partire per Parigi, dove stanno comparendo in libreria i materiali preparatori per La vie mode d’emploi e dove il Centre Pompidou presenta, dal 17 novembre al 24 gennaio, una Exposition Georges Perec.
Mi sembra che in qualche modo il lavoro critico che va sviluppandosi intorno all’opera di Perec spesso espliciti e realizzi questi desideri che sono, per i frequentatori di La vita istruzioni per l’uso, un patrimonio comune di silenziosa felicità. Ne trovo una conferma nell’ultimo numero della rivista “Riga”, intitolato Georges Perec e curato da Andrea Borsari.
Il primo, più elementare desiderio di ogni lettore immerso in un’opera qualsiasi di Perec, si può esprimere con la frase timidamente pronunciata da Oliver Twist davanti alla zuppiera fumante dell’orfanotrofio: “Ne vorrei ancora un po’ signore”. È un desiderio che i redattori di “Riga”, condividendolo, hanno sontuosamente esaudito: la sezione Scritti della rivista ci offre ben novanta pagine di Perec del tutto inedite in italiano. In posizione centrale troviamo un racconto del 1979, tradotto e chiosato da Gianni Celati: Il viaggio d’inverno. È una narrazione di gusto borgesiano, incentrata sulle accanite ricerche di uno studioso intorno a un misterioso poeta simbolista, la cui esistenza è forse un miraggio. Un miraggio attraverso il quale, tuttavia, lo humor di Perec scompiglia allegramente i luoghi comuni dell’erudizione letteraria e delle sue paludate ricerche. Se il Perec narratore è un folletto eversivo che approfitta della propria familiarità con tutti i linguaggi e i rituali dell’Alta Cultura per parodiarli con irresistibile leggerezza, il Perec sociologo sembra disporre, a onta del suo rigoroso laicismo, del dono soprannaturale della profezia. Come spiegare altrimenti la data “1967” in calce a La dittatura del whisky, che inchioda alla meritata gogna, con vent’anni di anticipo, l’espressione saputa di tutti i Michele centellinatori di Very Very Old Special Grandfather McPlouck Very Very Dark Label? Non meno brillante è il Perec protagonista di un’ampia serie di interviste e conferenze che lo vedono illustrare con infinita chiarezza e cortesia i principi della sua poetica e le tappe diverse del suo lavoro. Concludono questo bel numero monografico molti interventi critici e narrativi; si respira tra le pagine un’atmosfera affettuosa, che invoglia a partire per Parigi, dove stanno comparendo in libreria i materiali preparatori per La vie mode d’emploi e dove il Centre Pompidou presenta, dal 17 novembre al 24 gennaio, una Exposition Georges Perec.