Riga n.
Alberto Arbasino
Fernando Arrabal
Milan Kundera. In cammino verso l'eternità

Il sipario insanguinato della Storia m'impedì di scoprire il romanziere. Le lacrime possono sostituirsi al pensiero come una sovrastruttura d'acciaio e di fuoco. Per mia disgrazia ho conosciuto Kundera con grande ritardo: su di lui pesava la tara di essere stato "dissidente". La dissidenza, come ha ammesso egli stesso, "non è una gloria euforica, ma un peso quasi assurdo". Non avevo voglia di "perdere tempo", dedicandomi in segreto a un'opera di carità. Quanto alla virtù - dicevo a me stesso - avevo già dispensato generosamente le mie elemosine. Non avevo forse letto tutta l'opera di Solzenícyn? Per un individuo normale, nonché insensibile al radioso sole dell'avvenire, Kundera era, nel migliore dei casi, solo "la vittima commovente dell'orribile invasione subita dal suo paese". Pur prodigo di compassione, mi rifiutavo, senza complessi, di interessarmi all'autore. Tuttavia, grazie all'insistenza di un amico, lessi finalmente Kundera e fin dalla prima pagina, vergognandomi di me stesso, compresi tutto ciò che i miei pregiudizi, come finestre che davano sul vuoto, mi avevano fatto perdere.
Kundera è uno scrittore e un essere umano fedele a se stesso, completo da entrambi i punti di vista. La sua opera e ciò che gli amici sanno della sua vita attraverso il filtro di una timida e splendida discrezione non hanno conosciuto i meandri e le oscillazioni dei rinnegati. Si poteva prevedere, e temere, che, avendo vissuto cataclismi, contraddizioni e traumi, si sarebbe lasciato tentare da una delle tante militanze che hanno devastato la sua Boemia natale. Ma il suo raziocinio, la sua intelligenza lo hanno elevato al di sopra dei sentimenti. Ricordo, invece, quel soldato pieno di sentimentalismo che, dall'alto della tor-retta del suo carro armato e del suo potere, gli disse nel 1968: "Voi dovete capire che noi russi amiamo i cechi. Noi vi amiamo!" Il romanziere, con misura, commentò: "È un vero peccato che sia stato necessario ricorrere ai carri armati per farci capire che cos'è l'amore!"
Kundera non ha mai militato in nessun partito: è per questo che ha dovuto combattere contro il proprio passato. Egli non conosce né l'isteria né la voracità, e neppure le angosce dei tanti "ex" che non cessano di inveire contro quel sogno esaltato, colmo di meraviglie e gesti di generosità, trasformatosi poi in un incubo e in un crimine. Kundera, come una moneta di bronzo, riluce di umiltà.
Kundera ha un profondo disgusto per gli eccessi, il gesticolare a vuoto, la profondità delle tenebre, l'aggressività degli uomini sentimentali. Non si altera minimamente al ricordo della scomparsa durante l'invasione di Praga dei libri di Cervantes, annotati di suo pugno. Senza alzare la voce, quasi fosse una vittima dell'entropia, mi dice di non aver mai nutrito la benché minima speranza di poter ritrovare la sua biblioteca. La mazza mandò il vetro in frantumi, colpendolo nel punto nevralgico.
Da che cosa potrebbe travestirsi, a Praga, per passare inosservato, questo gigante dagli occhi azzurri, innocente e inconfondibile, ex giocatore di hockey su ghiaccio e oggi romanziere celeberrimo? Per vent'anni l'impresa che il governo ceco ha cercato di portare a termine, con più infamia che lode, è stata questa: trasformarlo per i secoli dei secoli, grazie a una silenziosa superbia, in un non-essere. Ma uno scrittore, grazie al suo talento, può disattendere ogni veto e ignorare qualunque ostilità, anche quando sta per guadagnarsi la propria gloria.
Kundera ha continuato a camminare umilmente verso l'Immortalità, senza voler rendersi conto che i tirapiedi del potere, ammassati ai bordi del nulla, volevano divorarselo anima e corpo. Come oggi! A proposito: come si chiamavano quei burocrati che, uno a uno, sono caduti nelle latrine della Storia? Chi ricorda i loro nomi? Chissà, forse qualche spirito rancoroso non avrà dimenticato le loro truffe, le loro prevaricazioni e i loro delitti.
Kundera, ostinato nella sua intimità, sussurra: "A che cosa tengo? A Dio? Alla patria? Al popolo? All'individuo? La mia risposta è insieme ridicola e sincera: io non tengo a niente tranne che alla denigrata eredità di Cervantes".
L'appartamentino di Vera e Milan Kundera, affacciato sui tetti di Parigi, talvolta si trasforma nella cabina dei fratelli Marx. Gli amici vi si stipano per festeggiare la pubblicazione di uno dei suoi romanzi. Che gran regalo! Un gioco intelligente fondato su un'illimitata libertà formale. Tutte le sue opere potrebbero recare questa avvertenza: "Come il Don Chisciotte o l'Ulisse, questo libro smentisce ciò che il mondo si accanisce a farci credere: il mio romanzo non prende sul serio l'Universo".


Traduzione di Francesca Saltarelli.
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