Tra il 1968 e il 1972 Italo Calvino, Gianni Celati e Guido Neri pensarono di realizzare una rivista. La loro idea, che comunicarono a Enzo Melandri e Carlo Ginzburg, era di uscire dai confini della letteratura, di cercare oltre gli steccati delle discipline e dei saperi settoriali qualcosa «di più», essi non lo sapevano con chiarezza, ma sapevano che dovevano cercarlo in ogni caso.
L’epoca che comincia col 1968 è un’epoca di tumulto e di grandi cambiamenti, non solo nella società europea, ma anche nella filosofia, nell’arte, nella letteratura e nella scienza; lo strumento della rivista, tipico degli anni ’60 (si era concluso da poco il tentativo del «Me-nabò» di Vittorini e Calvino), parve a questo gruppo di amici lo strumento più adatto per indagare il grande cambiamento in corso, per cercare strade differenti nell’arte come nella vita (il legame tra i discorsi sulla rivista e le vite individuali è molto forte, anche se non sempre viene in primo piano).
A trent’anni di distanza siamo entrati in possesso di alcuni materiali di quella discussione - lettere, programmi, articoli - e abbiamo pensato di riunirli insieme per ricostruire un tentativo che, sebbene mai realizzato, a noi pare ancor oggi importante. Prima di tutto, questo materiale, per quanto incompleto, rende conto di un periodo e di un’epoca che ci sembravano decisivi nell’ambito del secondo dopoguerra; inoltre, l’idea della rivista è quel-la di un sismografo sensibile che rileva quanto sta accadendo intorno (il tentativo di Calvi-no, Celati, Neri, Melandri e Ginzburg ci racconta prima di tutto questo: la turbolenza dell’epoca). È il momento in cui una parte importante della cultura francese (Barthes, Fou-cault, Lacan, Lévi-Strauss, Derrida, Deleuze, ecc.) arriva in Italia attraverso i libri e le tra-duzioni, e comincia a pesare nel paesaggio intellettuale italiano (tutto era cominciato negli anni ’60, ma è con gli anni ’70 che i discorsi escono dai cenacoli intellettuali per diventare patrimonio comune di migliaia di lettori).
Quello che ci interessa in queste pagine, per lo più «private», è proprio la passione che sca-turisce dai progetti che non vanno a termine, la concitazione e la radicalità che emergono dalle missive, la corrispondenza - nel senso ampio del termine - tra gli scriventi, la confu-sione che inevitabilmente presiede alla realizzazione di un «prodotto» collettivo. Questa raccolta di documenti e materiali è anche un modo per vedere dall’interno come nascono davvero le cose: per approssimazioni progressive, in uno stato di disordine che trova, solo a poco a poco, un proprio provvisorio ordine sulla pagina. La rivista - alla pari di un libro - è un grande laboratorio, ma a differenza dell’opera di un singolo, gli elementi di disordine non sempre vengono riequilibrati e restano in sospensione senza diventare «forma»: le possibilità che si aprono sono infinitamente superiori a quelle effettivamente realizzabili; ogni rivista vive perciò di una contingenza: è un’occasione. La raccolta di questi materiali ci permette di registrare un avvenimento che appartiene più alla cronaca che alla storia effettivamente registrata. Gli stessi ritratti dei protagonisti risultano in queste pagine più com-plessi di quanto spesso si ritenga, fuoriuscendo così da un canone prefissato.