Sono trascorsi oltre quarant’anni dalla pubblicazione de Le piccole vacanze, fulminante esordio narrativo di Alberto Arbasino, quarant’anni segnati da una intensa attività di collaboratore di quotidiani, settimanali, riviste; un «journal ininterrotto», per usare una definizione di Italo Calvino, che va dall’arte al costume, dal teatro alla letteratura, dal cinema al reportage di viaggio, con una continuità stilistica e una forma di scrittura che è la stessa delle sue pagine narrative migliori, quelle che compongono per esempio L’Anonimo lombardo e Fratelli d’Italia. Quest’ultimo, uscito per la prima volta nel 1963, è senza dubbio uno dei libri italiani più importanti della seconda metà del XX secolo, opera infinitamente aperta, scritta e riscritta fino alla memorabile edizione del 1993.
Ma non c’è solo questo. In Alberto Arbasino, ormai giunto al traguardo dei settant’anni, cultura, vita e scrittura sono un’unica materia che lo scrittore tratta con una libertà di giudizi lontana da quegli schemi e da quelle ideologie che hanno dominato il Novecento. Sebbene Alberto Arbasino non voglia sentir parlare di sé come un Maestro, in realtà lo è. E non solo, o non tanto, per la sua indubbia intelligenza e genialità, per la capacità di «comprendere» opere letterarie come opere liriche, sinfonie e poemi, romanzi e luoghi, e neppure per la sua inconfondibile prosa, per lo stile inimitabile (e proprio per questo spesso imitato). La principale qualità dello scrittore lombardo è la sua continua concretezza del riferimento sia nella vita come nella cultura: le cose reali e le opere altrui (teatro, musica, cinema, arte, letteratura, ecc.) come «cose reali».
Arbasino è un Maestro per l’assenza di qualsiasi formalismo nella citazione, per la messa in mora di ogni genere o forma già assegnata, dal romanzo al saggio, dall’articolo di giornale alla breve lettera. Nella sua lunga esperienza di scrittore, saggista, narratore, commentatore, recensore, intervistatore, ha praticato la fusione dei generi e degli stili, dando vita a un proprio genere e stile che finisce, non a caso, per coincidere con la sua stessa persona. Inventivo, curioso, «leggero», Arbasino possiede la frivolezza dei grandi moralisti: scrivere come vivere, vivere come scrivere: viaggiare, ascoltare, visitare, parlare, leggere, partecipare.
Questo numero di «Riga» vuole rendere omaggio al grande scrittore, in occasione dei suoi settant’anni. Lo fa raccogliendo, con il suo contributo, pagine sparse, alcune delle quali mai ripubblicate, pagine note e meno note, citate o sconosciute. Ci è sembrato necessario ripubblicare poi alcune interviste nel tentativo di cogliere la viva voce di Arbasino, straordinario conversatore, che a colloquio con i diversi interlocutori ripercorre buona parte della propria attività. Nella terza parte del numero sono state scelte alcune delle recensioni dei suoi libri, una per ogni libro, o quasi, dei 42 che ha pubblicato o ripubblicato (con adeguata riscrittura) dal 1957 a oggi. Una scelta restrittiva, perché la ricezione delle opere di Arbasino è sempre stata ampia, con articoli e recensioni a firma di illustri lettori e critici. Questa parte del volume ci fornisce anche un’immagine istantanea di Arbasino, còlto dai suoi lettori, in momenti e fasi particolari, uno strumento utile anche per rileggere l’intera opera in una prospettiva temporale.